venerdì 22 aprile 2011

Pensieri precari

La precarietà è una bestia silenziosa, ma implacabile, un fardello pesante che ti porti appresso e che ti accompagna, come un'ombra che si insinua nei tuoi pensieri, anche quelli apparentemente più leggeri. Non ti lascia godere di nulla, perchè in mano non hai nulla. Ti lasci andare a fantasie come una vita insieme, una bella casetta, qualche viaggetto per toglierti uno sfizio e lei è sempre lì a ricordarti che niente sei e niente sarai, a dire lascia perdere, a farti tornare coi piedi per terra, violentemente. Ecco, io non dovrei fare un discorso come questo, io che dovrei ritenermi fortunata ad avere il mitologico contratto a tempo indeterminato, una sorta di Shangri Là per la maggior parte dei miei coetanei. Eppure la gestione della farmacia per cui lavoro sta cambiando, così, all'improvviso dopo appena sei mesi dalla firma, lasciando spazio a non nuovi e sempre inquietanti interrogativi. Più giorni di lavoro, meno soldi in busta paga, la sensazione di passare da braccio destro della titolare a subalterna di una nuova e capricciosa strapagata direttrice. E' forte lo svilimento che ti prende all'idea di rimetterti a girar per farmacie in cerca di un nuovo lavoro, e poi dove, in che zona di questa città dispersiva? Altro giro, altra nebulosa. A quel punto la precarietà diventa un pensiero a tutto tondo. Pensi che alla tua età non hai ancora niente di lontanamente concreto in mano, un lavoro che dia certezze, una convivenza da cui partire, niente, neanche un cane che ti stia vicino nei tuoi momenti di sconforto... neanche più questo...

martedì 5 aprile 2011

Impressioni di un weekend berlinese


Venerdì 11-3-2011

Problemi sul lavoro. Cambiamenti improvvisi d’umore e di orari. Il weekend organizzato da più di un mese sembra compromesso, finché spengo il cellulare e sparisco per tre giorni. Berlino arriviamo.
Il viaggio è breve, quasi non me ne accorgo. Impossibile zittire il cervello. La mente continua a ripensare all’ultima telefonata intercorsa con il boss.
Un gruppo di scapoloni in viaggio per lavoro ci fa compagnia con il loro goliardico vociare. Una hostess si acciglia più di una volta guardandoli in cagnesco, ma è tutto inutile: hanno già tirato fuori le carte e cominciato un quadrangolare di briscola.
A Berlino non fa il freddo che tanto temevo. Chiamiamo un taxi e arriviamo al nostro alloggio, la Pension Galerie. Nonostante siano le 23 passate ci aspetta per consegnare le chiavi della nostra stanza Angelika, la splendida padrona di casa. E’ vestita e truccata di tutto punto, non un cenno di stanchezza intorno a quei due laghetti alpini che ha al posto degli occhi. Non fa che scusarsi per il suo italiano che però non mi sembra poi così scarso. Ci mostra con orgoglio la camera, grandissima, dai soffitti molto alti, arredata come una baita di montagna in calde tonalità mediterranee. Vorrebbe già darci consigli su dove andare a mangiare nei paraggi, ma siamo esausti.

Sabato 12-3-2011
Alle 8 entriamo nell’accogliente sala da pranzo dove stanno già facendo colazione dei ragazzi olandesi e inglesi che, tra una marmellata e l’altra, si scambiano notizie sulle loro vite. Ci raggiunge Agnese, giovane italiana della provincia di Pesaro, trasferitasi qui da circa tre anni. E’ l’assistente di Angelika, pragmatica e attenta ai bisogni degli ospiti. Penso a quanto coraggio ci sia voluto a mollare tutto per una nuova vita e subito stimo questa ragazza, perché probabilmente vorrei farlo anch’io, ma forse mi sono mancate le occasioni o forse è solo un alibi.
Ci invita a servirci al fornito buffet, ricco di stuzzicanti formaggi, profumati affettati, torta, yogurt e frutta fresca. Non mi sembra vero di poter sorseggiare dell’ottimo caffè caldo. Me ne riempio due tazze tant’è la gioia, inaspettata, di trovarlo all’estero!
La scoperta di Berlino parte dal vicino Check Point Charlie. Oggi sono rimasti un museo e un finto avamposto circondato da sacchi di sabbia per ricordare quello che era l’unico vero varco concesso, ovviamente per gli aventi diritto, nel lungo muro che divideva la Germania in Est ed Ovest durante la Guerra Fredda.
Lungo la Friedrich Strasse molti negozi e concessionari chic, banche, qualche ristorante e fast food. Un clarinettista stonato accompagna la nostra passeggiata in Gendarmer Markt, dove trovano posto due imponenti chiese gemelle, la Sala Concerti e il bianco Monumento a Schiller. Restiamo un po’ seduti nelle ombre appena accennate della mattina presto a goderci la musica e il respiro cui la vasta piazza invita.
Passando per l’Università ci si ritrova nel lungo Viale di Tigli che porta dritti dritti alla Brandeburgh Tor, in Pariser Platz. Un soldato americano e uno sovietico con le rispettive divise e bandiere fermano i turisti per una foto ricordo e quando non ne adescano se ne vanno a braccetto, come due bambini che hanno appena fatto pace dopo un battibecco.
Berlino ha una forte personalità, un’anima duplice che sa coniugare passato e presente. Gli errori della storia vengono esposti in tutta la loro drammaticità, sbattuti in faccia, senza ipocrisie, senza tentare di nasconderli sotto il tappeto. Credo che questa città sia risorta dalle ceneri in maniera invidiabile, fiera di presentarsi oggi nella sua nuova veste di capitale del mondo, un melting pot di razze, sapori, colori, assolutamente all’avanguardia in campo artistico culturale e decisamente gay friendly.
Oltrepassiamo la celebra Porta simbolo della città e raggiungiamo il Reichstag, dalla cupola a vetri che, però, oggi è chiusa alle visite. Davanti c’è un vastissimo prato dove brulica vita,  un bimbo incerto nel muovere i primi passi, un cagnolino che scodinzola contento accanto al suo padrone. Ci concediamo una piacevole passeggiata lungo il fiume Sprea, il vero cuore di Berlino, dove la gente ama trascorrere il proprio tempo in compagnia di un libro o pedalando in bicicletta sotto l’ombra dei salici piangenti.
L’angelo d’oro che si erge all’orizzonte sulla colonna in Piazza Otto Van Bismarck è passato alla storia, personalmente, grazie al video degli U2 “Stay” … mamma che canzone! Lo fotografo in ogni salsa, ma forse la cosa che mi è più piaciuta sono stati dei vetrini quadrati e colorati legati ai lampioni intorno alla piazza. Su ciascuno era scritto qualche verso in francese con tanto di firma dell’autore o dell’autrice, ma comunque tutte parlavano di un amante dolce che, come un angelo,  sorvolava e proteggeva il cielo di Berlino. Ho trovato meraviglioso questo angolo di poesia in mezzo alla bolgia del traffico cittadino, dove la gente và di fretta e non si accorge neanche dove mette i piedi.
Ci inoltriamo nel quartiere di Charlottesburg per visitare l’omonimo castello, ma in realtà non abbiamo una vera e propria meta. Ci fermiamo spesso attirati ora da questo ora da quello, un murales, un mercato che vende roba usata, abiti, piatti, quadri, vinili, incuriositi da strambi personaggi con bandana al collo e spilla croce celtico-nostalgica sul giubbotto di pelle. Quando arriviamo al castello siamo più colpiti da un vispo cucciolo di husky che si aggira per i giardini che altro. Preferiamo non visitare gli interni del maniero, contentandoci di immortalare solo l’esterno, bello, ma comincia a sopraffarci un po’ di stanchezza.
Un taxi ci porta a pranzo in zona Kurfurstendamm, per gli amici Ku’damm, dove scegliamo un localino specializzato nel loro street food preferito, il curry wurstel, ottimo, abbondante e anche particolarmente economico, poi ci buttiamo nella bolgia e l’allegria del sabato pomeriggio in una delle vie più in voga per lo shopping. Siamo circondati da negozi, ristoranti, bancarelle che vendono cibo arabo, cinese, greco, artisti di strada e sculture moderne, colorate e perché no? anche un po’ strambe. Torniamo bambini al negozio della Lego, dove all’ingresso troneggia il cowboy di Toy Story rigorosamente costruito con i famosi mattoncini. Compriamo delle calamite e un portachiavi originalissimi sul tema di Star Wars, ma d’altra parte come resistere alla versione Lego di Dark Veder, Obi One Kenobi, Chubecca e R2D2? Entro al negozio Desigual più per curiosità che per reale voglia di acquistare qualcosa. Nonostante tutto provo qualche maglietta, ma con questa stanchezza mi sembra mi stia tutto malissimo, quindi usciamo per perderci di nuovo sui sei vastissimi piani del KaDeWe, una sorta di Harrod’s, ma meno “ingessato”. Tutta la città mi ha ricordato la vivacità e l’irruenza di Londra in realtà, ma in chiave più moderna, meno legata alle tradizioni … più “avanti” insomma. Prendiamo un altro taxi per tornare in albergo. Siamo lessi. Mi butto sul letto e il buio più assoluto si impossessa di me. In serata uscirò con molta riluttanza e comunque non prima di essermi fatta una lunga doccia bollente. Per cena troviamo un delizioso ristorantino orientale in zona Check Point Charlie, il Thai Sun. Assaggiamo degli ottimi chicken rolls, noodles con uova, pollo e granella di nocciole e anatra croccante in salsa agrodolce. E per concludere dell’ottimo sushi in offerta speciale. Agnese ci aveva detto che la città si lasciava molto vivere, anche di sera. Non fu mai detta verità più grande.

Domenica 13-3-2011
 Dietro al Check Point Charlie sono ancora in piedi circa 200 metri di vecchio muro. E’ bello e drammatico insieme vedere come vecchio e nuovo convivano in questa città. Da un lato della strada il muro, che non immaginavo così sottile, dove hanno allestito una tragica mostra fotografica che immortala la vita proprio qui, dove ci troviamo noi adesso, a quell’epoca, neanche troppo lontana se ci si pensa bene, roccaforte delle SS prima e della Gestapo poi. Dall’altro lato della strada, quando l’omino rosso del semaforo da croce si mette il cappellino e diventa verde, c’è una mongolfiera per visitare la città dall’alto, un ricco angolo merchandising che riporta il logo colorato di Berlin e le mitiche Trabi, le automobili tipiche della Germania dell’Est, da affittare per un tour stravagante della capitale tedesca. Oltre all’evidente lato umano che indubbiamente colpisce e invita alla riflessione, rimango colpita dal progresso urbanistico del centro. Soprattutto in Potsdamer Platz ci sono ampi spazi, una stazione modernissima, palazzi tondeggianti a specchio o con vertiginosi spigoli. Ci sono delle foto che mostrano come anni di guerra fredda abbiano paralizzato ogni tipo di sviluppo, anche urbanistico, e resto sorpresa di fronte a degli sconcertanti “prima” e “dopo”… (come immaginare dei cingolati a guardia del Check Point Charlie? Eppure è storia recente). Resto colpita dall’immensità di questa piazza e rimaniamo per un po’ a godercela seduti a prendere il sole. Oggi fa talmente caldo da poter girare in maglietta.
Lì vicino un altro luogo simbolo di Berlino invita, come già è successo davanti al controllatissimo Judische Museum, a ben altre riflessioni. Ci troviamo di fronte un mare di parallelepipedi di varie altezze tutti grigio fumo. E’ il Monumento alla Shoah.  Un bambino gioca saltellando da un cubo all’altro, mentre una sposa truccata come Cindy Lauper passeggia contenta con i fotografi per cercare un posto ideale per ricordare quel giorno. Panta rei. Pian piano mi intrufolo tra le forme geometriche, alcune delle quali talmente alte da chiudermi la vista del sole. Fa freddo. Improvvisamente temo di non riuscire più ad uscirne, non vedo più il mio compagno, mi sento perduta. Credo fosse proprio questo il senso di disorientamento che l’artista voleva generare.
Ancora un po’ scombussolati oltrepassiamo la Porta di Brandeburgo, odore di pretzel al formaggio nell’aria, e passeggiamo per l’Unter den Linden fino al Berliner Dom. Questa mastodontica chiesa è stata costruita proprio in riva allo Sprea. E’ bellissimo il colpo d’occhio sul fiume e se il tempo si manterrà così bello ci ripromettiamo di fare, più tardi, un giro in battello. Cerchiamo di visitarne gli interni, ma è in corso un concerto, è impossibile entrare. Così oltrepassiamo l’Antenna della Tv, avveniristica, ed arriviamo in Alexander Platz, un inquinato crocevia di strade e binari del tram. Per pranzo ci fermiamo in una tavola calda chiamata The Nord Sea. Inutile dire che è specializzata in pesce azzurro e anche se il menu è solo in tedesco prendiamo due vassoi e assaggiamo dei piatti unici a base di pesce, riso e verdura. La cosa impressionante è che siamo circondati da anziani. Davvero, sembra di essere in un ospizio. Ci chiediamo se come ultimo desiderio abbiano tutti chiesto di venire qui per godere dell’ultimo pasto o se stanno girando un remake di Cocoon. Cinismo a parte, alcuni sono davvero fantastici, continuano a immergere il loro spiedino di pesce nella zuppa e ci guardano contenti.
Il cielo si sta annuvolando, ma non rinunciamo al nostro giro in battello. La guida, un signore in carne che tira fuori un’insospettata voce suadente per descrivere il panorama, parla solo tedesco, così ci accoccoliamo ai nostri posti e fotografiamo qua e là, cullati dal dolce rumore dell’acqua sullo scafo. Il tour dura esattamente un’ora. Siamo stanchi, direi che possiamo cercare una stazione metro e tornarcene in albergo. Passiamo per il medievale Mitte e attraversando la strada siamo alla fermata Klosterstrasse, proprio vicino le rovine di una chiesa. In albergo ci riposeremo per tutto il pomeriggio, finché, all’ora di cena, scegliamo una tipica taverna bavarese dove assaggiare le specialità locali. Il pub si chiama Maximilian’s. Un enorme pupazzone con vestito folkloristico e immancabile pinta di Paulaner abbraccia una lavagna con su scritto i piatti del giorno e le relative offerte speciali. Non ci capiamo un granché, è tutto scritto in tedesco, ma entriamo ugualmente. Assaggiamo un delizioso antipasto di speck e formaggio alla birra con il loro morbido pane  nero, salsicce di varie forme e colori, crauti e purè. La birra è buonissima e tutto è molto economico. Ci concediamo una passeggiata digestiva lungo la Friedrich Strasse sentendoci assolutamente a casa, una sensazione spesso non facile da provare all’estero, finché non torniamo in camera per rifare i bagagli.


Lunedì 14-3-2011
L’aereo partirà alle 7:35. Si torna alla normalità, con i pensieri e le preoccupazioni che comporta (ma allora, mi chiedo, si può definire normalità?). Piove stamattina, ma non fa freddo. Agnese ci ha prenotato un taxi che, puntuale, già ci aspetta davanti al portone della pensione.

Nonostante i presupposti Berlino è stata una piacevole parentesi nel monotono marasma quotidiano. La sua allegria, la sua storia, le sue contraddizioni ci hanno praticamente contagiati. Senza dubbio una della capitali europee più interessanti che abbia mai visto.


martedì 1 marzo 2011

Il colpo mancato....

Sono le 23 passate quando su chat si fa vivo un mio ex compagno di ginnasio. Lì per lì penso"uff...proprio ora che volevo andarmene a dormire...", ma resto per ascoltare cosa ha da dirmi. Comincia con il toccare argomenti a me cari, come il cinema, mi lusinga, anche solo involontariamente, ringraziandomi per l'ultimo film che gli ho consigliato, si parla dei vecchi tempi. E senza filtri ci confessiamo a vicenda che, seppur per un breve periodo, entrambi siamo stati in qualche modo speciali l'uno per l'altra. Non immaginavo neanche che lui mi avesse notata fin dal primo gionro di scuola in quella classe rumorosa, nè io avrei mai pensato di dirgli che lego il suo ricordo al primo ti voglio bene che un ragazzo mi abbia mai rivolto, anche se più che ricordi sono sensazioni, di quelle dolci che leghi indissolubilmente all'infanzia.Se dovessi morire credo mi piacerebbe essere ricordata per una cosa simile. Quel che ne esce è un ritratto tenero di due bambini impacciati e , perchè no?, anche vagamente sfigati..Ma lo eravamo o lo siamo ancora mentre stiamo rinvangando?  Probabilmente no, probabilmente siamo solo due romantici che amano abbandonarsi alla complicità della notte ricordando un passato tutto sommato sereno. Per me è stata una chiacchierata quasi terapeutica...per anni avrei voluto chiedergli spiegazioni, perchè alla fine lui avesse scelto un'altra, fargli sapere quanto ne ho sofferto e quanto sono stati difficili gli anni successivi e ieri sera finalmente l'ho fatto. Mi sento più leggera. In fondo in fondo quegli anni sono davvero crudeli. Se ne approfittano della tua totale inconsapevolezza e magari ti fanno perdere buone occasioni... "Il colpo mancato sembra sempre il migliore" diceva Kurosawa..Chissà se è vero...

domenica 27 febbraio 2011

Il mio primo blog. Perchè, mi chiedo, quest'esigenza di raccontare o di raccontarmi? Perchè proprio ora, a 31 anni suonati? Forse la risposta è nella noia della domenica, in questo cielo lattiginoso che riverbera dalla finestra e che mi mette addosso un'uggia pesante. Un modo per passare il tempo. Per rendere più breve l'inverno. O magari perchè la mia vita sta cambiando.Tante novità, nuove famiglie che si creano, nuovi rapporti di lavoro, gente che si ammala, che non c'è più. Confesso una certa fifa, ho paura di essere fraintesa, mal giudicata, non capita. Forse un blog può essere terapeutico. Per abbandonare, una volta per tutte, le proprie, spesso inutili, insicurezze.