venerdì 22 aprile 2011

Pensieri precari

La precarietà è una bestia silenziosa, ma implacabile, un fardello pesante che ti porti appresso e che ti accompagna, come un'ombra che si insinua nei tuoi pensieri, anche quelli apparentemente più leggeri. Non ti lascia godere di nulla, perchè in mano non hai nulla. Ti lasci andare a fantasie come una vita insieme, una bella casetta, qualche viaggetto per toglierti uno sfizio e lei è sempre lì a ricordarti che niente sei e niente sarai, a dire lascia perdere, a farti tornare coi piedi per terra, violentemente. Ecco, io non dovrei fare un discorso come questo, io che dovrei ritenermi fortunata ad avere il mitologico contratto a tempo indeterminato, una sorta di Shangri Là per la maggior parte dei miei coetanei. Eppure la gestione della farmacia per cui lavoro sta cambiando, così, all'improvviso dopo appena sei mesi dalla firma, lasciando spazio a non nuovi e sempre inquietanti interrogativi. Più giorni di lavoro, meno soldi in busta paga, la sensazione di passare da braccio destro della titolare a subalterna di una nuova e capricciosa strapagata direttrice. E' forte lo svilimento che ti prende all'idea di rimetterti a girar per farmacie in cerca di un nuovo lavoro, e poi dove, in che zona di questa città dispersiva? Altro giro, altra nebulosa. A quel punto la precarietà diventa un pensiero a tutto tondo. Pensi che alla tua età non hai ancora niente di lontanamente concreto in mano, un lavoro che dia certezze, una convivenza da cui partire, niente, neanche un cane che ti stia vicino nei tuoi momenti di sconforto... neanche più questo...

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